Hit Me Baby One More Time. Intervista con i Giorgieness (Birrificio Citabiunda, Neive, 21/10/2016)

Premessa. Non credo sia possibile riportare a parole la genuina simpatia che mi hanno lasciato i ragazzi dei Giorgieness. C’è lei, la front-woman, chiacchierona e disponibile come pochi altri musicisti tra quelli che mi è capitato di incontrare. C’è Davide, chitarrista e produttore del fortunato La giusta distanza, sempre pronto a battibeccare con lei – e pure con i miei compagni di concerto… C’è Andrea, il bassista silenzioso, a cui va tutto il mio supporto a resistere con quei due matti. Sono spuntati fugacemente Lou, il batterista, e l’altro Andrea, Fognini, il fonico, in quel momento impegnati a concentrarsi per un live davvero in palla.
E, infine, c’è questa intervista che cerca di fare luce sul primo anno “tra i grandi” di una delle band più interessanti di questo 2016. 
Spero vi divertirete a leggerla tanto quanto mi sono divertito io a scriverla!
Enjoy!

Spesso vi chiedono qual sia stato il vostro percorso finora, da dove arriviate, ecc. Io, invece, vorrei partire da questo ultimo anno che vi ha visto entrare nella “serie A” della musica alternativa. Com’è stato iniziare a girare così tanto per l’Italia, anche aprendo gruppi molto importanti come Garbage e Verdena?
Giorgia D’Eraclea: per me e per Andrea, è stato il primo vero tour. Avere lui e Lou [Capozzi, batterista della band, nda] che l’hanno già fatto è stato ottimo perché ci ha tenuto con i piedi per terra. D’altra parte non abbiamo avuto il tempo materiale di capire cosa stava succedendo: da aprile a settembre abbiamo fatto 53 date, davvero tante! In quest’ultimo mese abbiamo capito cos’è successo.
Andrea De Poi: io non ancora…cos’è successo?! Ricordo solo il mal di schiena…
Giorgia: Stare su un furgone, passare da un posto all’altro, avere il torcicollo, montare e smontare…però è stato una figata. Ho scoperto che posso vivere con l’influenza…
Davide Lasala: e ha spaccato le palle con l’influenza…
Giorgia: ho spaccato i coglioni tantissimo ma, allo stesso tempo, ho fatto un concerto con 38° di febbre! Insomma è stato come ti immagini ma 3000 volte meglio: scoprire che i Garbage sono persone come te, con Shirley [Manson] che ti viene a chiedere tutta la storia del gruppo; oppure suonare coi Ministri, una band di cui cantavo le canzoni quando avevo 19 anni, e poi scoprire che a Divi piaceva un gruppo di Davide…
Davide: si, chiacchierando, abbiamo scoperto che c’era un pezzo di una mia vecchia band – i Vanillina – di cui Divi voleva assolutamente ricreare il suono. Ma non ci eravamo mai incrociati!
Giorgia: anche Fede [Dragogna, nda.] ci ha fatto i complimenti. Con lui siamo amici da una vita, ma non l’ho mai voluto coinvolgere nelle mie cose: volevo farcela da sola. Arrivare a sentirmi dire “brava” da lui, è stata una soddisfazione immensa. Si sono create tante connessioni. Recentemente sono passata a Livorno, dove ho passato 3 serate con gli Zen Circus che ho conosciuto suonando in giro – avevamo aperto Appino tempo fa. Sono tornata a casa sentendomi dire: “qui hai una famiglia.” Sono sinergie che ti spingono anche a scrivere cose nuove.

Tra i vari musicisti a cui avete fatto da supporto va pure ricordato Motta con cui avete condiviso, oltre all’etichetta, pure una candidatura al Tenco?
Giorgia: sì, noi tifavamo spudoratamente per Motta, chiaramente…Perché siamo persone oneste! [ride]
Davide: beh, “oneste”…è stato bravo.
Giorgia: no, nel senso che era giusto che lo vincesse lui. Abbiamo tutti grande stima per lui.
Andrea: io voglio suonare con Motta!
Giorgia: sì, ma se mi tradisce gli faccio un culo così! [ride]

Come nasce un pezzo di Giorgieness?
Giorgia: una canzone di Giorgieness di solito nasce a partire da chitarra e voce, al massimo aggiungendo qualche effettino… [Davide, disperato, si mette una mano in faccia] Ehi, è vero!
Davide: no, è perché mi ricordo l’effettino…
Giorgia: prima cerco di creare un provino che si avvicini a quello che ho in testa, poi lo passo a Davide e lo si inizia a lavorare in saletta: quello è il momento in cui ci iniziamo a picchiare! [ride] C’è lui che cerca di farmi capire che certi cambi funzionano meglio e io che li assimilo con una certa calma. La linea vocale è quella che manteniamo sempre, mentre la parte musicale è al 90% sua, ma ci si ascolta a vicenda.
Davide: in base al testo che porta, cerco di ricreare musicalmente quello che lei vuole dire a parole. Se lei strilla, mi viene da caricare la chitarra.

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Andrea De Poi, iper-fashion, prima del concerto al Citabiunda (foto rubata dal profilo Facebook della band.)

Com’è stato lavorare a questo primo disco?
Giorgia: K2 è il primo pezzo che abbiamo lavorato assieme. Io gliel’ho suonata una volta, forse, e lui me l’ha risuonato nella maniera esatta in cui ce l’avevo in testa: è l’unico pezzo uscito al volo. Poi ci sono stati dei momenti di tensione con lui…
Davide: tipo un momento in cui stavo per tirare giù il mixer e dire “basta, non lo faccio più.”
Giorgia: Io di solito ho un’idea forte in testa ma non ho le competenze musicali, né l’esperienza per spiegare cosa voglio fare con precisione. Quindi per incontrarci a metà strada, avevamo bisogno di qualcuno che traducesse dal giorgiese al davidese. Per fortuna avevamo Fognini, il nostro fonico…
Davide: in pratica, da un lato c’ero io che cominciavo a imprecare e dall’altro c’era lei che si stava per far venire una crisi isterica, in mezzo Andrea, poverino, a mediare.

Giorgia: ho passato i primi giorni con le lacrime agli occhi ma senza piangere ancora perché non volevo essere la tipica ragazzina che si mette a frignare poi…vabbé, mi sono arresa e mi chiudevo in bagno e piangevo per mezz’ora! [ride] Non è cattivo, eh! [ride, riferita a Davide] In più abbiamo una cosa in comune: se ci viene un’idea ci sfugge subito dalla testa, quindi dobbiamo metterla in pratica e poi ascoltare quello che dice l’altro. Due persone con questo problema, però, rendono tutto difficile.
Davide: noi – lei, Andrea, io, Lou – tenevamo tantissimo al disco. C’era tanta tensione perché tutti volevano il meglio. Le incazzature saltavano fuori in automatico!
Giorgia: ci sono stati due momenti significativi nella produzione dell’album in cui io ho dato ragione a lui e viceversa. Io torno a casa è un pezzo che, eccetto la parte vocale, ha sviluppato lui: era una ballata quasi come Non ballerò e l’ha sviluppato in maniera completamente diversa. Ci ho messo molto a digerire questa cosa ma, alla fine, ho dovuto dargli ragione. Su Che strano rumore, invece…
Davide: l’ho capita dopo, era l’ultimo pezzo che dovevamo fare in studio. Era venuta fuori di getto ed è stata difficile metabolizzarla.
Giorgia: io la volevo chitarra e voce, fondamentalmente…
Davide: e io che ho fatto? Sono entrato in studio, ho preso la chitarra e messo l’amplificatore a 10! [ride]
Giorgia: quello è un brano che parla di tensione interna e il fatto che lui l’abbia odiata così tanto mentre lo produceva, si sente. L’ha suonata quasi disgustato ed è uscito esattamente quello che volevo: quando mi ha detto “questo pezzo fa vomitare”, per me voleva dire che quel pezzo funzionava.
Davide [rivolta a Giorgia]: ma dobbiamo farlo stasera?
Giorgia: sì.
Davide: ah, cazzo…

Siete già al lavoro su nuovi brani? Avevi accennato in precedenza alla decisione di allontanarti da uno stile prettamente autobiografico…
Giorgia: i nuovi brani saranno più distaccati: non si parla più del mio amore perduto, ecc. ma si concentreranno su cosa mi succede e su quello che vedo e come lo percepisco. Saranno più universali: meno diario segreto e più espressione di come affronto la vita.

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Il 2016 sembra che sia stato un anno particolare per il rock alternativo italiano. Credo ci possa essere un parallelismo tra la vostra crescita e quella dei lancianesi Voina Hen [premiati dal Mei, nda.] Pensate che stia emergendo una scena rock peculiare, in Italia?
Giorgia: io non credo che il rock stia prendendo piede. Stanno andando molto le tastierine, che, per la carità, ci stanno: io ne ascolto un botto! Ma mi sento un’aliena nel fare rock: ci siamo noi, i FASK, gli Zen, i Ministri, ecc. ma di gruppi che stanno venendo fuori ora ce ne sono pochi. Andrò ad ascoltarmi questo gruppo che hai citato, che non conoscevo, ma, quando siamo usciti noi, abbiamo capito di aver fatto un azzardo. Dalle nostre parti, tutti si aspettavano una cosa più prodotta e molto più pop.
Davide: perché non so produrre i dischi, io, è quello il punto! [ride]
Giorgia: no, non è quello. Il fatto è che, live, io non sono così. Ci ho messo molto a capirlo ma, confrontandoci tanto, ho capito che dal vivo urlo e strillo. Non aveva senso fare un disco a là Lana Del Rey, come volevo fare io, quando non sono così, almeno al momento…
Davide [quasi sottovoce]: e speriamo mai!
Giorgia: io ascolto molto pop: per dire, Toxic di Britney Spears è uno dei pezzi più belli mai scritti, secondo me. In generale, credo che il rock non abbia una grande scena in questo momento. Noi sopravviviamo perché non ci poniamo il problema di stare dentro o fuori una scena. Ci è capitato di fare superconcertoni e concertini ma è quando finiamo i secondi che ci ricordiamo perché ci piace suonare: perché vogliamo farlo. Basta una persona che conosca le canzoni e sei a posto.
Davide: sicuramente è stato un disco rischioso. Con l’ondata di tastierine o di ukulele fare un disco suonato è stata anche una scelta artistica di cui mi assumo la responsabilità perché l’ho vestita così.
Giorgia: c’è anche da dire che mi ha vista arrivare vestita così. Quando mi ha conosciuto, mi ha visto come una rompicoglioni pesantissima che urlava anche quando parlava!
Davide: quante sberle che le avrei dato quando l’ho conosciuta…
Giorgia: anche normalmente, quando mi vedono sui social, pensano che sia antipatica o chissà che. Poi mi conoscono e mi dicono: “Ah, ma sei una cazzona!” Sì, a casa mi faccio i selfie ma sono quella che balla ‘Baby One More Time’ con due dietro che fanno le coreografie! [vedi sotto]

Walda Splendor (AKA Giorgia D'Eraclea) e i Cugini Loffion (AKA Appino e il Maestro Pellegrini.)
Walda Splendor (AKA Giorgia D’Eraclea) e i Cugini Loffion (AKA Appino e il Maestro Pellegrini.)

Visto che hai citato i social, vorrei citarvi una frase di Dario Canal degli Etruschi From Lakota: lui diceva che uno zero in più sul cachet o sulla pagina Facebook è la dimostrazione che qualcosa si sta muovendo nella giusta direzione. Voi pensate che sia così? I social sono un buon strumento di misurazione per capire quanti vi seguono e quanto state crescendo?
Davide: senza fare nomi, ti posso dire intanto che un buon cachet non significa necessariamente che stai facendo numeri: se chiedi tanto e poi hai trenta persone ai concerti, c’è qualcosa che non torna. Poi, ci sono quelli che hanno tanti like su Facebook e chiedono poco cachet ma riescono anche a fare i numeri dal vivo. Personalmente preferisco un buon bilanciamento tra le due cose. Per il resto, non credo che 150.000 fan corrispondano a 150.000€. Poi, probabilmente non sono neanche quelli che ti seguono. Nel nostro caso 7000 likes su Facebook corrispondono a un pubblico reale, forse, un po’ più grande.
Giorgia: in più i nostri fan su Facebook sono attivi. La gestione della pagina è fondamentale e spero sempre di continuare a farlo in prima persona. Quando avevamo pochissimi fan non condividevo come ora: mi sembrava stupido o spam. Ora, invece, diventa divertente e ci dà un’idea di quello che sta succedendo ma credo che ci conosca in realtà molta più gente di quelli che hanno messo il like alla pagina. Ad esempio io ho molti che mi seguono sulla mia pagina personale ma che non ci seguono sull’altra, perché molti mi assimilano a “Giorgieness.”
Davide: a me, invece, non mi caga nessuno…
Giorgia: non è vero, so che ci sono molte sue fan che farebbero qualsiasi cosa con lui!

Domanda #SupportYourLocalScene. Un artista delle vostre parti che, secondo voi, meriterebbe maggiore attenzione a livello nazionale.
Giorgia: come Giorgieness, ti diciamo Elton Novara. È un cantautore varesino da scoprire: potrebbe essere un Elio più introspettivo. È molto ironico ma parla di sé. Consiglio ‘Un pesce di nome Elton.’ Lui meriterebbe moltissimo di uscire.

I Giorgieness sono:
Giorgia D’Eraclea, voce e chitarra;
Davide Lasala, chitarra e produzione;
Andrea De Poi, basso;
Lou Capozzi, batteria;
Andrea Fognini, 5° Giorgieness, fonico e, purtroppo, interista. Nessuno è perfetto…

Grazie ancora ragazzi per il tempo: spaccate tutto nelle prossime date! \m/

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